La storia della cucina italiana affonda le sue radici nell'antichità, ai tempi dei Romani.
Dalla semplicità iniziale con un'alimentazione centrata sul pane, si passa alla prima articolazione in colazione, pranzo e cena, in età repubblicana. La colazione (ientaculun) è a base di pane e vino con uova, formaggio e frutta. Il pranzo (prandium) consiste in un pasto leggero, freddo; la cena (coena), più abbondante, prevede la presenza di pietanze calde.
La svolta avviene in età imperiale, nel periodo compreso tra il 27 d.c. e il 395 d.c. (anno della caduta dell'Impero romano).
Gavio Apicio, nel suo libro "de Re Coquinaria" (tra i primi sull'argomento) descrive la cucina di quel periodo come un'arte raffinata. E' da ricondurre a questa fase l'immagine che viene in mente a molti di noi quando si parla del cibo all'epoca dei romani. Persone adagiate su divani, assistite dagli schiavi, allietate dai suoni armoniosi delle cetre e dei flauti; tavole riccamente imbandite con agnelli, capretti, cacciagione, pollame, pavoni, fenicotteri, pappagalli, gru, pesce, verdure condite con salse raffinate; vino a volontà.
In questi anni, si usa macerare glia avanzi di pesce con il sale e il vino per ottenere un condimento chiamato garum e alcuni alimenti sono triturati e sminuzzati per preparare polpette, involtini, etc.
Alle mense più povere sono destinate la carne bovina (considerata di qualità scadente) e gli ortaggi (cipolle, carote, rape, zucchine, bietole, cetrioli, porri, lattughe, cavoli, zucche, aglio, carciofi).
La fine di tutto questo è segnata dalle invasioni barbariche che rappresentano un periodo oscuro anche per la tradizione culinaria e alimentare, fino al rifiorire dell'epoca tardo medievale.
La cultura del cristianesimo e della chiesa cattolica influenza la cucina di questo periodo, soprattutto nella fase iniziale in cui si esalta l'astinenza alimentare come percorso di perfezione spirituale (ricordiamo che il peccato di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre si era concretizzato nell'atto di mangiare). Fino al Mille, nei monasteri le diete sono caratterizzate da pane e legumi, uova e formaggio nei giorni consentiti, frutta di stagione.
E' solo all'epoca di Carlo Magno che i giorni di digiuno si alternano a quelli di festa in cui la consumazione di un pasto abbondante è interpretata come forma di rispetto e preghiera verso Dio.
La cucina tardo medievale è caratterizzata dalla sovrapposizione dei sapori (è il caso dell'agrodolce), dal largo utilizzo dello zucchero (nascono i confetti), delle spezie (portate dagli Arabi con il riso e molte varietà di agrumi), delle uova, dalla predilezione per i volatili, dal maggior uso della carne di maiale (con la preparazione di salami, prosciutti, salsicce) rispetto a quella di manzo (di più difficile conservazione).
Si producono diversi tipi di burro e di formaggi, alcuni consumati alla griglia e insaporiti con zucchero e cannella, altri fusi e spalmati su crostini di pane conditi con spezie.
Si ricorre a diversi metodi di conservazione del cibo: congelamento, essiccazione, salatura,affumicazione.
Da un punto di vista storico, la ripartizione politica dell'Italia accentua le differenze tra le regioni nelle quali si sviluppano usi e tradizioni gastronomiche molto diverse.
E' in questo momento che nascono le prime forme di cucina regionale.
Tra le regioni più ricche da questo punto di vista va, senza dubbio segnalata la Toscana che può contare su eccellenti materie prime tra cui l'olio delle colline senesi, il buon vino del Chianti, il pane di prato (antenato del pan forte).
Nel Trecento, le famiglie benestanti toscane prestano molta attenzione alla preparazione della tavola servendo le portate in piatti preziosi e versando l'abbondante vino in bicchieri d'argento.